martedì 12 novembre 2024

Mére – 18 Maggio 1955 (un passo sui "flying saucer"...)

Mére – 18 Maggio 1955

 

   Ci sono veramente esseri su Giove o Marte?

 

Per me, se me lo chiedi, ci sono esseri ovunque. Ovunque. Uno non li vede, questa è la cosa. Ma sono dappertutto. Ma sicuramente non penso che siano come quelli che vediamo nelle immagini — i Marziani che ci vengono mostrati nelle immagini con forme grottesche. Non ho nessuna ragione di pensare che siano come quelli.

 

   Hai sentito la storia dei dischi volanti?

 

Ah, sì! Li ho anche studiati. Comunque, sto aspettando di avere una esperienza fisica. In realtà ho pure visto un disco volante passare sopra Pondicherry durante la guerra, l’ho visto chiaramente, ad occhi aperti, e procedeva abbastanza lentamente, arrivando dal mare verso la terra. Era azzurro chiaro e aveva una forma leggermente arrotondata come questa. L’ho visto passare e mi sono detta: “Aspetta, sto avendo una visione!” Mi sono strofinata gli occhi ma erano aperti, completamente aperti… Improvvisamente ho visto una forma come questa (gesto) passare nel cielo; mi sono detta, “com’è strana!” ma siccome nessuno ne ha parlato fino ad allora, ho pensato di aver avuto una visione. Io vedo molte cose che le persone ordinariamente non vedono; ma quando la gente ha iniziato a parlarne, allora mi sono detta, “Aspetta, ho visto un disco volante passare”. Ma penso che anche Udar abbia visto un disco volante.

 

(Udar) Sì, Madre. (Risate)

 

Che esista è fuori discussione. Che cos’è? Ognuno ha la sua opinione. Ma quello che vorrei è trovarmi faccia a faccia con gli esseri per come sono stati descritti. C’è qualcuno che ha, presumibilmente… in ogni caso, questa persona ha detto che ha parlato con un essere che era in un disco volante. Bene, sarei veramente felice di incontrare un essere come quello. Dopo di ciò, ti dirò che cos’è — quando l’avrò incontrato.

 

Madre, si dice che ci sono altri sistemi solari dove forse si può trovare una situazione simile a quella sulla Terra. Ma laggiù possiamo trovare uomini come noi?       

 

Devi andare lì e vedere. (Risate)

lunedì 28 ottobre 2024

Le nostre dimore di una notte

 “Mio padre e il maestro nutrivano una profonda ammirazione reciproca. Entrambi avevano costruito una bellissima vita interiore su fondamenta di granito spirituale, inattaccabile dal tempo."

Autobiografia di uno yogi, Paramhansa Yogananda, p. 119, Astrolabio-Ubaldini 2016.


"Anche se sappiamo che tutto perisce, dobbiamo costruire in granito le nostre dimore di una notte".

Nuevos escolios a un texto implícitoNicolás Gómez Dávila, 1986.

domenica 25 agosto 2024

Due passi di Jünger

“Rimane la questione centrale del perché Hitler abbia giocato così male gli assi che aveva in mano. Sopravvalutò la sua vittoria a occidente e sottovalutò i russi. Qui la sua vista, formatasi nella politica interna, lo ingannò. Uno sguardo alle campagne orientali del passato, fino a quelle della Prima guerra mondiale, avrebbe dovuto metterlo in guardia; né gli mancava il giudizio di esperti del calibro di Köstring e Schulenburg”, E. JÜNGER, Il Nodo di Gordio, Adelphi Edizioni, 2023, p. 94.


Perché Hitler giocò così male le sue carte? Chi ha letto e conosce alcuni passi di Mére sa benissimo perché, e anche da chi si faceva consigliare, nonostante avesse anche gente competente intorno… E chissà oggi come vengono consigliati i vari leader politici contemporanei, con la poca qualità disponibile oggigiorno.


“In occasione di questo summenzionato raduno dei Gauleiter, Goebbels enumerò i motivi per cui non era possibile disfarsi del tutto di quegli odiati figuri. Potevano ancora tornare utili in combattimento. Nella requisitoria contro Witzleben, Freisler sostenne di aver cercato invano in tutta la storia tedesca, fin dai suoi inizi, un fatto analogo. Ciò è vero. E dimostra che in quella storia doveva essere intervenuto un elemento del tutto inaudito, un mutamento spazio-temporale associato a una perdita di libertà collettiva affatto inedita.”, ibid., p. 116.

mercoledì 22 settembre 2021

Aretè, Virtus, Dharma

 Aretè, Virtus, Dharma 




Qual è il senso della vita? Ognuno di noi deve trovare la risposta. Ma il problema più grande è: come? È difficile trovare il senso di qualcosa infinitamente più grande di noi.

Ci deve essere allora qualcosa capace di metterci in contatto con l’infinitamente grande, che ci permetta di scoprire il senso della vita. Questo “qualcosa” è stato chiamato in vari luoghi e in varie epoche aretè, virtus, dharma, a seconda che ci si trovi in Grecia, Roma o India.

L’aretè è la capacità dell’uomo greco di assolvere al proprio dovere, e viene dalla radice –ar che denota l’aspetto guerriero della vita (Ares è il dio della guerra). Ma questo dovere chi lo decide? Ognuno di noi porta scolpita dentro di sé la propria legge interiore, e nella formulazione indiana di questa visione, che è al tempo stesso la più chiara e la più poetica, questa legge si chiama dharma. La parola rimanda al senso di immutabilità, di stabilità incontrovertibile, che rimane nell’imparentata parola italiana “firma”. Esiste un dharma individuale, così come un Dharma cosmico, e infiniti dharma “intermedi” di gruppi o insieme di cose, ad esempio di un popolo. Porre il proprio dharma in armonia con il Dharma (in ar-monia, figlia di Ares e Afrodite) universale è precisamente il risultato di aver conquistato l’aretè.

Il mezzo con cui diventiamo capaci di conquistare l’aretè è la virtus, cioè quella caratteristica interiore che ci fa sintonizzare con il sentire del nostro Centro. Possiamo anche dire che i due concetti sono in parte sovrapponibili.

Ma la virtus costa fatica: bisogna allenarsi e addestrarsi tutti i giorni per raffinare la propria sensibilità, riuscire innanzitutto a distinguere gli impulsi negativi da quelli positivi, le istanze interiori che ci fanno disperdere energie da quelle che ce le fanno raccogliere; ottenuto questo già importante risultato, si tratta poi di scegliere di assecondare l’intuito che porta al Centro contro le innumerevoli tendenze della nostra natura a battere i percorsi già conosciuti, percorsi che spesso sono discendenti.

Quindi la virtus si ottiene con due mezzi che in realtà sono uno: allenare la nostra intuizione e il nostro sentire interiore, per mezzo dell’introspezione; e la pratica delle virtù, cioè un agire corretto e conforme alla norma che ci si è dati, che gradualmente si trasformerà nella norma interiore (il proprio dharma) che risulterà sempre più chiaro e il cui emergere eclisserà le norme esteriori che avranno così esaurito il loro compito di supporto temporaneo ed esterno.


Infine, conosciuto e messo in pratica il proprio dharma, attraverso l’aretè, nutrita dalla virtus, saremo diventati uomini veri. Si attua così il passaggio da homo a vir, da uomo puramente biologico a persona consapevole delle proprie potenzialità, sia sul piano della trascendenza che su quello dell’immanenza. Un tale uomo veniva chiamato arya dai nostri progenitori indoeuropei, che vuol dire nobile e che designava i capi tribù, i re e i capi militari di un tempo. I re di una volta non avevano grossi regni, come Ulisse potevano regnare su un isola con poche centinaia di abitanti; nondimeno sono passati alla storia come sommi esempi di virtù, perché la loro vita è stata una adesione e attuazione costante delle azioni che sbocciavano dal loro sentire più profondo, e che rispettavano con la giusta riverenza che bisogna tributare al proprio Centro, alla nostra vera natura.

Una tale vita, piena di felicità poiché avrà dato molti frutti, non per questo esente da sofferenze anche dolorose, potrà a pieno titolo dirsi degna di essere vissuta e colmata dalla pienezza di senso. 






domenica 2 dicembre 2018

Sette torri in Oriente...



“Nelle foreste vergini della Cambogia, vivono due misteriosi sovrani, conosciuti sotto il nome di re del fuoco e re dell’acqua. Sono famosi in tutto il sud della grande penisola indocinese; ma solo una pallida eco di questa loro fama è arrivata all’ovest. Per quanto se ne sa, fino a pochi anni or sono nessun europeo li aveva mai visti, e la loro stessa esistenza si sarebbe potuta prendere per una favola, se non fosse che, fino ad epoca recente, si sono tenuti in contatto con il re della Cambogia, scambiandosi doni ogni anno. Le loro funzioni regali sono di tipo esclusivamente mistico o spirituale; sono semplici contadini, che vivono col sudore della fronte e con le offerte dei fedeli. Qualcuno afferma che vivano in assoluta solitudine, senza mai incontrarsi fra di loro, senza vedere mai una faccia umana. Vanno a vivere successivamente in sette torri, appollaiate su sette montagne, spostandosi ogni anno dall’una all’altra. La  gente si reca da loro di nascosto, lasciando a portata di mano il necessario per la loro sopravvivenza. Il loro potere sovrano dura sette anni, il tempo necessario per abitare nelle sette torri, una dopo l’altra; ma molti muoiono prima dello scadere del termine. I due uffici sono ereditari in una (c’è chi dice due) famiglie reali, che godono di grande considerazione e sono esentate dalla necessità di lavorare la terra”[1].
Sembrerebbe un sottocentro orientale dei cosiddetti sette centri spirituali, a cui le “sette torri del diavolo” che pretendono di opporvisi ne ricalcano lo schema...


[1] J. Frazer, Il Ramo d’Oro, Newton Compton Editori, giugno 2018, Roma, pp. 136-137 (corsivi miei).

giovedì 8 novembre 2018

EUXIT?


EUXIT?





Voglio accennare una risposta alla proposta “Manifesto per un’Europa Nuova” del 1999 e ieri ripubblicato (cfr. https://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2018/11/07/un-vecchio-scritto-1999/).

Quando questo documento veniva scritto avevo sei anni, ed è ancora completamente valido adesso che ne ho venticinque. Ciò che è cambiato, anzi completamente esaurito, è il sistema stesso in cui ci ritroviamo a vivere.
È vero che il sistema figlio della mentalità attuale è stato imposto e si continua ad imporre nascondendolo “in piena luce”, come insegna Poe, ma anche il primo dei 36 Stratagemmi della saggezza militare cinese, “Attraversare il mare per ingannare il cielo”. Una volta che si capisce che la mentalità moderna è una vera e propria mutazione antropologica installata sull’uomo, sembra quasi scontato e banale che la coercizione non venga percepita, e neppure l’inasprirsi di tale coercizione, nonostante il grosso e lungo lavoro su sé stessi che si è reso necessario per percepire tale stato dei fatti.
Il nodo principale è comunque l’eliminazione della necessità dell’uomo da parte della tecnica. E mi si scuserà se salto direttamente al punto centrale, e non sto qui a elaborare elegantemente il mio pensiero (cosa che apprezzo molto quando mi ci imbatto), ma sono cresciuto in un’epoca in cui si parla parla per non venire mai al succo, per non concludere mai niente, che a parlare siano politici o gente che vuole essere decipiata su qualche social network.
In un servizio da qualche parte vedevo che la Kodak aveva 20.000 dipendenti fino a qualche anno fa (il dato non è preciso ma l’ordine di grandezza sicuramente sì) mentre Instagram attualmente ne ha solo 20. Ecco il risultato della tecnica: un’azienda che genera più fatturato della Kodak con l’un per mille dei suoi dipendenti, e in più con la capacità di mutare le abitudini più quotidiane degli esseri umani che una pur rispettabile industria di rullini fotografici se la poteva sognare.
Ma come, lo scopo dell’imprenditoria e del mercato libero non era di creare ricchezza? Alt, è di creare valore, stando alle idee aggiornate ad oggi, e si intende precisamente valore per chi la ricchezza già ce l’ha. Se pensate che sia diverso, siete fuori. Mi dispiace ma c’è poco da parlamentare.
Quindi alle contro-élite economiche fondamentalmente non serve che ci siano tutti questi esseri umani. E se non si pensa a uno sterminio di massa, di certo però implica che anche se la povertà dovesse iniziare a dilagare questo non cambierebbe di una virgola le intenzioni della classe dirigente globale.
Fino a ieri l’obiettivo di piena occupazione era funzionale al consenso del sistema, ora non più.
Ecco la verità. Vi piace? No. Tutti a ribellarvi? Ah ah ah. Pecorelle.

L’idea scritta nel Manifesto è quella di creare un organismo istituzionale in grado di porre un argine alla deriva liberista mediante una istituzione che torni a dirigere settori strategici dell’economia, che portino almeno al risultato di preservare uno stile di vita non barbarico in Europa (qui ovviamente si pensa all’Europa soprattutto). In realtà è una richiesta di buon senso, visto lo stato attuale delle cose.
Il ritorno dei nazionalismi è infatti una maschera per il ritorno di quei settori dell’economia “reale” che stanno venendo fagocitati dal sistema di scambio virtuale e simulato di oggi. Infatti non esistono più nazioni e stati su cui appoggiarsi, per cui non sarebbe neanche corretto parlare di nazionalismo; si tratta infatti, citando, di una specie di Lega Anseatica che prende il timone di uno stato, per opporsi egli effetti dissolventi della globalizzazione (un tantino in ritardo però). Questo sono i vari Trump e Brexit, non di certo voluti da una classe dirigente statalista e autoritaria, ma da settori dell’economia reale – questo a testimoniare ancora di più che la politica non conta niente, ché anche una risposta volta a stoppare l’emorragia di potere dalla politica all’economia viene dall’economia, seppur e non a caso da quella più ancorata al dato reale e vicina alle istituzioni politiche.
Anche in Italia il fenomeno Lega secondo me rientra in questa ondata, in quanto raccoglie le istanze di quei fattori produttivi che sarebbero più danneggiati da un ulteriore calo di domanda interna, dietro una maschera sovranista che ne consente l’appiglio emozionale in fase elettorale. Quindi dietro ci sono comunque gli interessi dell’economia del Nord, nonostante la dicitura sia caduta per il medesimo motivo.
L’altro “fenomeno” italiano, il Movimento 5 Stelle, lo reputo anche più pericoloso. Hanno raccolto tutto il malcontento della popolazione, e il suo ex leader carismatico, Beppe Grillo, è un tecnofeticista con visioni ecologiste. Ora che è in secondo piano, può permettersi di “buttare le zippe”, lanciare piccoli messaggi come per dire “iniziate a entrare nell’ottica che...”, coi suoi spettacoli introduce tematiche non tanto percepite in Italia, soprattutto inerenti al ruolo messianico della tecnologia e della venerazione spropositata e compensativa dell’ambiente.
In pratica, il “partito della ribellione” che ha il 30% dei consensi si fa portatore delle istanze più egoistiche e minoritarie che attualmente ci sono sul pianeta.
E allora davvero ergo decipiantur, si rimane basiti. Di un basiti che se non sai da dove viene questa ignoranza (nel senso di avidya) fatichi a reggere la realtà.
Quindi, si diceva, in questo scenario la creazione di un’istituzione o la trasformazione ad esempio dell’Autorità garante della Concorrenza potrebbe effettivamente rappresentare un argine. Ma come imbriglio il sistema bancario, costringendolo ad esempio a eseguire un ordine o una manovra che vada in senso dirigista a discapito della finanza? Per questo c’è bisogno necessariamente della sponda politica, che per quanto spogliata potrebbe ad es. con il ricatto di non ricapitalizzare in caso di necessità, costringere l’asse finanziario se non altro a concedere una tregua. Un’alleanza tra l’istituzione simil-MITI e il governo potrebbe in questo senso ritrovare un piccolo spazio in cui operare.
Sullo stato comatoso in cui si trovano le forze progressiste e storicamente europeiste, non mi esprimo proprio: Cacciari al forum PD di una settimana fa a Milano gliele ha cantate sonoramente, annunciando loro che verranno spazzati via: non tifo affatto dissoluzione, personalmente, ma il sassolino dalla scarpa me lo caccio volentieri.
Anche perché la mentalità utilitarista-umanista (cfr. M. Benasayag) sulla cui polarità si regge l’attuale sistema, per cui si alterna il consumismo al progressismo dei “valori buoni” anzi buonisti, è portata avanti tranquillamente da Google, Apple, Amazon, Facebook e altri giganti che di certo non hanno più bisogno del politico.
Se si vuole rifondare l’Europa su questi pseudovalori, immagino che a breve anche questo tentativo di unione sarà stato vano. Fallimento contenuto in germe fin dalla nascita però.

C’è anche da riflettere che questo scontro tra politica, economia e società civile non ha tanto senso, perché si indebolisce l’anello esterno della società, mentre il cerchio più interno che ora ha in mano il potere decisionale, i sopracitati “Giganti della Tecnica”, non ne vengono scalfiti. Anzi, si vedono fatto il lavoro sporco (che poi contribuiscano pure, è altro discorso).
Che poi, in realtà, non è affatto vero che siano loro il cerchio più interno...

domenica 3 giugno 2018

Un profetico Nietzsche sull'Europa


Da un passo di Umano, troppo Umano (#475, cap. 9) di F. Nietzsche, profetico visto che è del 1878:

“Il commercio e l’industria, lo scambio di libri e di lettere, la comunanza di tutta la cultura superiore, il rapido mutar di luogo e di paese, l’odierna vita nomade di tutti coloro che non posseggono terra – queste circostanze portano necessariamente con sé un indebolimento e alla fine una distruzione delle nazioni, per lo meno di quelle europee; sicché da esse tutte, in seguito ai continui incroci, dovrà nascere una razza mista, quella dell’uomo europeo. Contro questa meta opera oggi, consapevolmente o inconsapevolmente, l’isolamento delle nazioni dovuto alla fomentazione di inimicizie nazionali, ma lentamente quel mescolamento fa lo stesso il suo cammino, nonostante le temporanee correnti contrarie: questo nazionalismo artificiale è del resto tanto pericoloso, quanto lo è stato il cattolicesimo artificiale, giacché è nella sua essenza uno stato d’emergenza e d’assedio, che è stato proclamato da pochi su molti, e ha bisogno di astuzia, menzogna e violenza per mantenersi in credito. Non l’interesse dei molti (dei popoli), come ben si dice, bensì innanzitutto l’interesse di determinate dinastie regnanti e poi quello di determinate classi del commercio e della società, spingono a questo nazionalismo; una volta che si sia riconosciuto ciò, bisogna dirsi francamente solo buoni Europei e contribuire con l’azione alla fusione delle nazioni: alla qual impresa i Tedeschi possono collaborare con la loro vecchia e provata qualità di fare da interpreti e da mediatori dei popoli”.