La lettera L è connessa con
la luce e il suo apparire. La ritroviamo infatti come iniziale proprio di lux, luce, e in greco “Hel-” forma due
nomi interrelati tra loro, Helios e Heléne. Il primo infatti è Sole, mentre
Aurobindo ci fa notare che la Elena cantata da Omero nell’Iliade corrisponde
esattamente all’Ushas dei Rishi vedici, l’Aurora (cfr. The Secret of Veda, non ricordo i riferimenti).
Quindi Heléne sarebbe
l’annunciatrice di Helios, il sole venturo. Andando a cercare il significato
del nome Elena troviamo “torcia, fiaccola, brillante, splendente”, e ci
ricorderemo di come il simbolismo dell’Aurora sia particolarmente presente e
importante nei canti vedici.
E l’aurora ispirò la Mére
quando fondò Auroville nel 1968, la “città dell’aurora”, che sembrava dover
diventare la capitale spirituale del mondo. Col suo sogno di unità umana tutta rappresentata in un luogo, non
risentiva ancora degli effetti sulle azioni e sulle menti di questo periodo di
dissoluzione, di Lysis – ecco di
nuovo la L –, che stiamo vivendo e che vuole che tutto sia frammentato e spezzettato. Adesso
sembrerebbe più in accordo con questi tempi immaginare più aggregati, magari
più piccoli e sparsi in ogni terra e cultura, tendenti verso l’unico centro.
E così come Auroville doveva
essere la città dell’aurora, queste piccole aurore si rifletteranno e
annunceranno l’imminente arrivo del Giorno.
A seguire un tentativo di
trasmettere meglio l’immagine...
* * *
Nella notte in cui tutte le
vacche sono nere la Terra si presenta come avvolta da un manto di oscurità.
Nessuna prospettiva all’orizzonte e l’alba sembra non dover sorgere mai. E
questo precisamente perché si crede di essere in pieno giorno. Quando c’è la
“luce”, seppure artificiale e fastidiosa, che fa male agli occhi anche se non
pare, di quale altra ce ne sarebbe mai bisogno?
Sparuti ricercatori del Vero
sono accovacciati al freddo, isolati. Grandi deserti separano gli uni dagli
altri e la percezione è quella di essere soli o in quattro gatti.
Effettivamente non è che paia
essere un gran galà...
Un timido pensiero emerge in
una mente ancora non abbastanza disciplinata per riconoscerne l’origine e il
momento. “Ma gli altri dove sono?”. “Ma gli altri, ci sono?”
Ma aspettavano tutti che la
prima torcia si accendesse, e rimanevano al freddo e al buio, tutt’al più
cercando di mantenersi in piedi in un mondo di rovine, ignari gli uni
dell’esistenza degli altri.
Come in una scena da Signore
degli Anelli, o in uno dei primi canti dell’Inferno di Dante, nel più completo buio
una torcia si accende nella notte. Ed è piccola, distante, la sua luce
trasmette ancora la paura di chi l’ha accesa, di sentirsi ad un momento
vulnerabili, come un segnalare apposta la propria presenza al nemico, un
volersi suicidare deliberato. Momenti eterni sembrano seguire quel gesto tutto
sommato semplice; se non ora, non sarà mai più. È il momento della verità, è il
momento di porre la domanda.
...
...
...
..e finalmente un’altra
torcia si accende! In lontananza, molto lontano, continenti a separarle. Ma comunicano,
con la presenza! E a seguire, in altre zone, nell’oscurità più fitta, diverse
fiaccole iniziano a rispondersi a vicenda manifestando la loro fioca presenza.
Non sanno niente l’una delle
altre, ma riconoscono la chiamata a una vita più divina. Ogni Helenopolis
differisce dalle altre, hanno esperienze diverse alle spalle, ma sono tutte
sulla via dell’Unità.