"Lo
Spirito Ideale della Poesia",
cap. I del libro di Aurobindo
"The
Future Poetry" del 1917-1920
(La traduzione è mia, perdonatene dunque i molti
errori e difetti)
Tentare di presagire il
futuro risvolto o sviluppo della mente o della vita in uno dei suoi campi sarà
sempre un’avventura azzardata. In quanto vita e mente non sono come la Natura
fisica; i processi della Natura fisica corrono in precisi solchi meccanici, ma
questi sono poteri più mobili e liberi. Gli dei della vita e ancor più gli dei
della mente sono così incalcolabilmente auto-creativi che anche laddove
riusciamo a distinguere le linee principali sul quale corre il lavoro o a lungo
ha corso, siamo ancora incapaci di precorrere con alcuna certezza quale
risvolto essi già prenderanno o per quale nuova cosa essi sono all’opera. È
perciò impossibile predire a cosa assomiglierà in realtà la poesia del futuro.
Noi possiamo vedere dove siamo oggi, ma non possiamo dire dove saremo da qui a
un quarto di secolo. Tutto ciò che si può fare è distinguere per se stessi
alcune possibilità che giacciono davanti la mente poetica della razza e figurarsi
cosa possa raggiungere se essa scelga di seguire certe grandi aperture che il
genio dei poeti recenti e contemporanei ha reso libere per noi; ma quale
percorso essa in realtà sceglierà di percorrere o quali nuove altezze tenterà,
attende ancora per la sua ancora informata decisione.
Quale sarebbe lo spirito ideale della poesia
in un’età di crescente mente intuitiva: questa è la questione che sorge da
tutto ciò che abbiamo visto prima e alla quale possiamo tentare alcuni tipi di
risposta. Ho parlato all’inizio del Mantra come la forma rivelante più alta e
più intensa del pensiero ed espressione poetici. Ciò che i poeti Vedici vollero
esprimere con il Mantra fu un’ispirata e rivelata visione e un pensiero
visionario, accompagnato da una realizzazione, per usare la ponderata ma
necessaria parola moderna, di alcune delle più profonde verità su Dio e sul Sé
e sull’uomo e sulla Natura e sul Cosmo, e sulla vita e sulle cose e sul
pensiero, sull’esperienza e sulle azioni. Fu un pensiero che giunse sulle ali
di un grande ritmo dell’anima, il chandas.
Perché la visione non potrebbe essere separata dall’ascolto; fu un solo atto. Né
potrebbe la permanenza viva della verità in se stessi con la quale intendiamo
la realizzazione, essere separata da l’una o l’altra, in quanto la sua presenza
nell’anima e il suo possesso nella mente devono precedere o accompagnare nel
creatore o canale umano quella espressione della vista e ascolto interiore che
prende la forma di parola luminosa. Il Mantra è nato attraverso il cuore e formato o sostanziato dalla mente pensante
in un carro di quella divinità dell’Eterno del quale la verità vista è un volto
o una forma. E pure nella mente del buon uditore esterno che ascolta la parola
del poeta-veggente, queste tre devono venire insieme, se la nostra parola è un
vero Mantra. La vista di una verità profonda deve accompagnare l’ascolto, il
possesso della mente del suo spirito profondo e il suo ritornare a casa
dell’anima devono accompagnare o seguire immediatamente il messaggio ritmico della
Parola e della vista della Verità della mente. Ciò potrebbe sembrare più una
spiegazione mistica della faccenda, ma sostanzialmente ci potrebbe
difficilmente essere una più completa descrizione della nascita e dell’effetto
della parola ispirata e rivelante, e potrebbe essere applicata, nonostante
generalmente su una scala molto minore di quella che fu intesa dai Rishi
Vedici, a tutte le più alte esplosioni di poesia veramente grande. Ma la poesia
è Mantra solo quando è la voce della verità profonda ed è nascosta nel più alto
potere della reale parola e ritmo di quella verità. E gli antichi poeti dei
Veda e delle Upanishad ritennero di proferire il Mantra perché fu sempre questa
profonda e perlopiù occulta verità delle cose che essi si sforzarono di vedere
e ascoltare e raccontare e perché essi credettero che loro stessero usando o
trovando i suoi ritmi innati dell’anima e la sua parola sacrificale lanciata
dal divino Agni, il sacro Fuoco nel cuore dell’uomo. Il Mantra in altre parole
è una parola diretta e più accresciuta, più intensa e più divinamente gravata
ritmicamente che incarna una ispirazione intuitiva e rivelatoria e anima[1] la mente con la vista e la presenza del vero sé, la profonda realtà delle cose,
e con la sua verità e con la sua divina forma dell’anima, le Divinità che sono
nate dalla Verità vivente. O, permettiamoci di dire, è un supremo linguaggio
ritmico che afferra con tutto ciò che è finito e porta in questo la luce e la
voce del suo proprio infinito.
Questa è una teoria della poesia, una vista
della auto-espressione ritmica e creativa ciò al quale diamo questo nome, che è
realmente differente da tutto ciò che noi abbiamo, una sacra o ieratica ars poetica possibile solamente nei
giorni in cui l’uomo credeva di essere vicino agli dei e sentiva la sua
presenza nel suo seno e può pensare di sentire alcuni accenti della loro divina
ed eterna saggezza prendere forma sulle altezza della sua mente. E forse
nessuna età del pensiero è stata così profondamente rimossa da qualunque tipo
di visione della nostra vita come quella attraverso la quale siamo passati
recentemente e ancora adesso non siamo ancora usciti completamente dalla sua
ombra, l’età del materialismo, l’età del positivo dato di fatto esteriore e
della ragione scientifica e utilitaristica. E già abbastanza curiosamente – o
naturalmente, da quando l’economia della Natura l’opposto crea se stesso
dall’opposto e non solo il simile dal simile, – è verso qualche luce quantomeno
distante della vista di noi stessi al nostro massimo del quale queste idee sono
state un’espressione concretizzata a cui noi sembriamo di star ritornando. In
quanto nonostante possiamo notare ciò in circostanze realmente differenti, in
forme più diffuse, con una mente più complessa e una base di cultura e civiltà
enormemente allargata, il guadagno e l’eredità di molte età intermedie, è
ancora verso qualcosa veramente vicino allo sforzo che fu dell’anima dei Vedici
o almeno della mente Vedantica che noi appariamo essere vicini sul punto di
ritorno nel circolo del nostro corso. Ora che abbiamo visto minutamente cos’è
la realtà materiale del mondo in cui viviamo e abbiamo un po’ di conoscenza
della realtà vitale della Forza che noi tiriamo fuori, stiamo alla fine
iniziando a cercare di nuovo la realtà spirituale di cui noi e tutte le cose
segretamente siamo. Le nostre menti stanno una volta di più tentando di
figurarsi il sé, lo spirito dell’Uomo e lo spirito dell’universo,
intellettualmente, nessun dubbio, per prima, ma da questo al vecchio sforzo di
vista, alla realizzazione entro noi stessi e in tutto non è un passo realmente
lontano. E con questo sforzo deve sorgere anche sulla mente umana la concezione
delle divinità in cui questo Spirito, questo meraviglioso Sé e Realtà che cova
sopra il mondo, prende forma nell’anima e vita liberate dell’essere umano, sue
divinità di Verità e Libertà e Unità, sue divinità di un più grandi e più
altamente visionarie Volontà e Potere, sue divinità di Amore e universale
Beatitudine, sue divinità di universale ed eterna Bellezza, sue divinità di una
suprema Luce e Armonia e Bene. I nuovi ideali della razza sembrano già essere
toccati da alcune prime ombre luminose di queste cose, e nonostante sia solo
una sfumatura, un rossore colorante la monotona atmosfera della nostra recente
mentalità, ci sono tutti i segni che questa sfumatura si approfondirà e
crescerà, nei cieli verso i quali alziamo lo sguardo se non una volta nella
terra della nostra vita attuale.
Ma questa nuova visione non sarà come nei
vecchi tempi qualcosa di ieraticamente remoto, mistico, interiore, scudato dai
profani, ma piuttosto una vista che sforzerà di attirare queste divinità
nuovamente verso una vicina e familiare intimità con la nostra terra e
incarnarle non solo nel cuore della religione e della filosofia, né solo nei
più alti voli del pensiero e dell’arte, ma anche, per quanto lontano possa
essere, nella vita comune e nelle azioni dell’uomo. In quanto nei giorni
antichi queste cose furono Misteri, che gli uomini lasciarono ai pochi, agli
iniziati e con ciò lasciandoli senza vista propria alla fine, ma lo sforzo di
questa nuova mente è di rivelare, di divulgare e di portare vicino alla nostra
comprensione tutti i misteri, – al momento infatti rendendoli troppo comuni ed
esteriorizzati nel processo e privandoli di molta della loro bellezza e luce
interiore e profondità, ma questo difetto passerà, – e questa direzione verso
un’aperta realizzazione potrà ben guidare verso un’età nella quale l’uomo come
razza tenterà di vivere in una più grande Verità di quelle che hanno finora
governato la nostra specie. Perché tutto quello che noi sappiamo, ora tendiamo
di fare alcuni tentativi di formularlo chiaramente e vivere. La sua creazione
anche sarà perciò mossa da un altro spirito e lanciata verso altre linee.
E se questo avrà luogo o anche se ci sarà
qualche forte movimento mentale verso ciò, la poesia potrà recuperare qualcosa
di un antico sacro prestigio. Sarà senza dubbio ancora pieno di scritti poetici
che seguiranno le vecchie linee e officeranno i vecchi motivi estetici più
comuni, ed è un bene che debba essere così, in quanto l’occupazione della
poesia è esprimere l’anima dell’uomo a se stesso e di incarnare nella parola
qualsiasi potere di bellezza egli veda; ma lì anche potrebbero pure emergere
ora e prendere il primo posto anime non più avare della fiamma più alta, il
poeta-veggente e il veggente-creatore, il poeta che è anche un Rishi, maestri
cantori di Verità, ierofanti e maghi di una più divina e più universale
bellezza. C’è stato senza dubbio sempre qualcosa di ciò ni grandi maestri di
poesia nelle grandi età, ma coronare un ruolo del genere non è stata spesso
l’unica idea fonte delle loro funzioni; la mente delle età ha fatto altre
domande a loro, necessarie in quel tempo, e le più alte cose in questa direzione
sono stati rari auto-superamenti e ancora colorati da e accordati alle mezze
luci nelle quali essi cantarono. Ma se un’età giunge nella quale è in possesso
comune una più profonda e più grande e più ispirante Verità, allora i suoi
maestri della parola ritmica canteranno come minimo ad un più alto livello
comune e potranno elevarsi più di frequente in una luce più piena e più intensa
e catturare più costantemente i grandi toni dei quali questa arpa di Dio, per
usare la descrizione delle Upanishad dell’essere creato dall’uomo, è
segretamente capace.
Un’era del vivere umano più grande sembra
essere promessa, qualsiasi poteri più vicini e più terrestri possano essere
protesi a guidarlo su una via di fuga laterale verso un ideale meno esaltato, e
con questo avvento dovrà venire una nuova grande era della sua creazione
differente dalle passate epoche di cui può far conto in quanto a gloria e
superiore ad esse nella sua visione e motivo. Ma prima deve lì intervenire una
poesia che lo condurrà verso essa dagli attuali timidi inizi. Essa verrà
assistita da nuove vedute nella filosofia, un cambiato ed esteso spirito nella
scienza e nuove rivelazioni in altre arti, in musica, in architettura, in
scultura, altrettanto come nuovi e alti ideali nella vita e nuovi poteri di una
rianimata ma non più limitata e oscurantista mente religiosa. Un bagliore di
questo cambiamento è già visibile. E nella poesia c’è già il cominciamento di
questo tipo di più grande guida; lo sforzo cosciente di Whitman, il tono di
Carpenter, il significato della poesia di A. E., la rapida e immediata fama di
Tagore sono i suoi primi segni. L’idea del poeta che è anche il Rishi ha fatto
di nuovo la sua comparsa. Solo una diffusione più ampia del pensiero e della
mentalità nella quale essa possa prendere corpo, è ancora necessaria per dare
la forza di permanere a ciò che ora è solo un potere incipiente e appena
emergente. L’umanità saziatasi delle valli sta volgendo la sua faccia una volta
di più verso le altezze, e le voci poetiche che ci guideranno in quella
direzione con le canzoni saranno tra le voci degli alti veggenti. In quanto il
grande poeta interpreta all’uomo il suo presente o reinterpreta per lui il suo
passato, ma può anche indirizzarlo verso il suo futuro e in tutti e tre gli
rivela il volto dell’Eterno.
Una poesia intuitiva rivelatrice del tipo
che abbiamo in vista darà voce alla suprema armonia di cinque poteri eterni,
Verità, Bellezza, Delizia, Vita e Spirito. Questi sono infatti le cinque
più grandi torce ideali o piuttosto i cinque soli della poesia. E verso tre
di esse la mente più elevata della razza sta in diverse direzioni
reindirizzando il suo pensiero e desiderio con un nuovo tipo e nuova forza di
insistenza. Il lato intellettuale del nostro recente progresso è stato infatti
per lungo tempo un costante e arduo perseguimento della Verità in alcuni dei
suoi campi; ma ora la verità limitata di ieri non può più soddisfarci o
legarci. Molto è stato conosciuto e scoperto di ciò che non è stato trovato o
soltanto intravisto prima, ma il massimo di tutto ciò appare ora veramente
piccolo comparato con l’infinitamente di più che fu lasciato in disparte e
ignorato e che ora invita la nostra ricerca. La descrizione che l’antico poeta
Vedico una volta diede della visione della Verità divina, si applica
vividamente alla mente della nostra era, “A modo che essa sale di altezza in
altezza, ecco che diventa chiaro alla sua vista tutto ciò che ancora deve esser
compiuto.” Ma sta anche iniziando ad essere visto che solo in alcuni grandi
risvegli al Sé e all’essere spirituale dell’uomo deve essere trovata quella
verità ancora non vissuta e quell’infinitamente di più essere raggiunto. È solo
allora che la pienezza di una conoscenza più grande per l’uomo che vive sulla
terra potrò rivelarsi e spogliarsi dei suoi rivestimenti e di nuovo alle sue
mente e anima più profonde, nelle parole di un altro poeta-veggente Vedico,
“Nuovi stati vengono alla nascita, rivestimento su rivestimento risvegliato
alla conoscenza, fino a che si veda interamente il grembo della Madre.” Questa
nuova-antica luce sta ora ritornando sopra le nostre menti. Gli uomini non
credono più completamente che il mondo sia una macchina ed essi materia
pensante così transeunte, una visione dell’esistenza nel mezzo del quale per
quanto d’aiuto possa essere per una vittoriosa concentrazione sulle scienze
fisiche sul benessere sociale, economico e materiale, né la religione né la
saggezza filosofica potrebbero rinnovare i loro poteri nella fontana dello
spirito né l’arte e la poesia, che sono pure cose dell’anima come la religione
e la saggezza, potrebbero rinfrescarsi nelle native fonti di forza. Ora stiamo
tornando indietro dall’ossessione fisica alla coscienza che c’è un’anima e un
più grande sé dentro di noi e nell’universo che trova espressione qui nella
vita e nel corpo.
Ma la mente di oggi insiste troppo e
giustamente insiste sulla vita, sull’umanità, sulla dignità del lavoro e
dell’azione. Non abbiamo più alcuna lite ascetica con la nostra madre terra, ma
piuttosto berremmo pienamente del suo seno di bellezza e potere e innalzare la
sua vita verso una grandezza più perfetta. Il pensiero ora dimora più sull’idea
di una vasta e creativa volontà di vita e di azione come segreto
dell’esistenza. Questo modo di vedere, nonostante possa dare spazio a un più
grande potere di arte e poesia e filosofia e religione, in quanto porta reali
valori dell’anima, ha le sue limitazioni come suo pericolo. Uno spirito che è
tutta la vita perché esso è più grande della vita, è piuttosto la verità nella
quale noi più potentemente vivremo. Aditi, la Madre infinita, piange
nell’antico inno vedico a Indra il divino Potere ora in procinto di nascere nel
suo grembo, “Questo è il percorso antico scoperto di nuovo mediante il quale
tutti gli dei vennero alla nascita, anche in questa via verso l’alto tu
dovresti nascere nella tua crescita; ma non andare avanti con queste altre per
non far cadere tua madre,” ma se, rifiutando la via verso l’alto, il nuovo
spirito nel processo di nascita risponde come il dio, “Per questa strada io non
andrò avanti, perché è difficile da percorrere, lasciami venir fuori diritto
sul livello del tuo fianco; io ho diverse cose da fare che non sono ancora
state compiute; con le une devo lottare e con le altre devo interrogare la
Verità”, allora la nuova età potrà fare grandi cose, come l’ultima fece pure
grandi cose, ma mancherà la via più alta e finirà come quella in catastrofe.
Non c’è ragione per cui noi dobbiamo così limitare la nostra nuova nascita nel
tempo; in quanto spirito e vita non sono incompatibili, ma piuttosto un più
grande potere dello spirito porta un più grande potere di vita. Poesia e arte
più di tutti i nostri poteri possono aiutare a portare questa verità a casa
alla mente dell’uomo con una forza illuminante e universale[2], mentre
la filosofia potrebbe perdersi in astrazioni e la religione voltarsi verso un
intollerante altromondanismo e ascetismo, poesia e arte sono nati mediatori tra
l’immateriale e il concreto, lo spirito e la vita. Questa mediazione tra la
verità dello spirito e la verità della vita sarà una delle principali funzioni
della poesia del futuro.
Le altre due torce sorelle di Dio, colorano
soli dell’Ideale, che la nostra era ha perlopiù oscurato e della quale luce rigenerante
c’è più tristemente bisogno, ma ancora troppo strenuamente esteriorizzati e
utilitaristici per sentirne sufficientemente la loro assenza, Bellezza e
Delizia, sono pure cose spirituali e fanno fuoriuscire il reale cuore della
dolcezza e del colore e della fiamma degli altri tre. La Verità e la Vita non
hanno la loro perfezione finché non siano soffuse e riempite con il potere
completante della delizia e il fine potere della bellezza e diventino uno alle
loro cime con questa perfetta tonalità e questa segreta essenza di loro stessi;
lo spirito non ha piena rivelazione senza queste due appaganti presenze. In
quanto l’antica idea Indiana è assolutamente vera che quella delizia, Ananda, è
la più profonda natura espressiva e creativa del sé libero perché è la reale
essenza dell’essere originale dello Spirito. Ma la bellezza e la delizia sono
anche la reale anima e origine dell’arte e della poesia. È il significato e la
funzione spirituale dell’arte e della poesia liberare l’uomo nella pura delizia
e portare la bellezza nella sua vita. Solo che ci sono gradi e altezze qui come
in tutto il resto e i più alti tipi di delizia e bellezza sono quelli che sono
uno con la più alta Verità, la perfezione della vita e la gioia più pura e più
piena dello Spirito autorivelantesi. Di conseguenza la poesia troverà più se
stessa e entrerà più completamente nelle sue eredità quando arriverà alla più
ricca armonia di queste cinque cose nella loro più splendida e ampia dolcezza
luce e potere; ma questo potrà interamente essere solo quando essa canterà dai
più alti cieli della visione e si spazierà attraverso le più vaste estensioni
del nostro essere.
Questi poteri possono infatti essere
posseduti su ogni scala, perché su qualunque grado dell’ascesa noi stiamo, lo
Spirito, il divino Sé dell’uomo è sempre qui, può erompere in una forte fiamma
di manifestazione trasportando in essa tutte le sue divinità in qualsiasi
forma, e la poesia e l’arte sono tra i mezzi con i quali esso fa così nascere
se stesso nell’espressione. Perciò l’essenza della poesia è eternamente la
stessa e il suo potere essenziale e la rilevanza del genio ampliato potrebbe
essere la stessa qualsiasi sia la cornice della visuale, che sia Omero cantante
degli eroi in una battaglia mossa dagli dei poco prima di Troia e di Odisseo vagante
tra le meraviglie delle isole remote e magiche col cuore sempre rivolto al suo
cuore umano perso e lontano, Shakespeare cavalcando sulla sua impennata di
colori e musica multiformi e di passione della vita, o Dante errante nel mezzo
delle sue terribili o beatifiche visioni dell’Inferno e del Purgatorio e del
Paradiso, o Valmiki cantando dell’uomo ideale che impersona Dio e il gigante
egoista Rakshasa impersonando la sola violenta volontà di se stessi che si
avvicinano l’uno all’altro dai loro differenti centri della vita e nelle loro
differenti leggi dell’essere per la lotta voluta dagli dei, o qualche mistico
Vamadeva o Vishwamitra dando voce in strani vividi e ora dimenticati simboli
l’azione degli dei e le glorie della Verità, la battaglia e il viaggio verso la
Luce, le doppie ricchezze e la scalata sacrificale dell’anima verso
l’Immortalità. In quanto che sia l’immaginazione ispirata fissata sulla terra o
l’anima della vita o la ragione ispirata o l’alta intuiva visione spirituale a
dare la forma, il genio del grande poeta ne coglierà alcune verità dell’essere,
alcuni respiri di vita, alcuni poteri dello spirito e li farà uscire con una
certa forza suprema per la sua e la nostra delizia e gioia nella loro bellezza.
Ma ciononostante la poesia che può tenere l’ampiezza della sua dimensione e la
vicinanza del suo tocco e già vedere tutte le cose da una più alta vetta darà,
il resto rimanendo uguale, più e soddisferà più pienamente l’interezza di ciò
che siamo e perciò l’interezza di ciò che domandiamo da questa più completa di
tutte le arti e più sottile di tutti i nostri mezzi di auto-espressione
estetica.
La poesia del futuro, se manterrà ampiamente
la sua promessa che ora è soltanto un ricco indizio, accenderà queste cinque
torce del nostro essere, ma le innalzerà ancora più in alto e illuminerà con
essa un più largo paese, molti paesi infatti ora nascosti alla nostra vista, li
renderà non più torce in qualche limitato tempio della bellezza, ma soli nei
cieli della nostra mente più alta e illuminazioni della nostra più vasta come
della più profonda vita. Sarà una poesia di una nuova e più larga visione di sé
e della Natura e di Dio e di tutte le cose che si sta offrendo all’uomo e della
sua possibile realizzazione in una più nobile e divina umanità; e non canterà
di essa solamente con il potere dell’intelligenza immaginativa, del senso
esaltato ed estasiato o della gioia commossa e della passione della vita, ma si
innalzerà per guardarli da una luce più intensa e incarnarli in una più
rivelante potenza del mondo. Sarà innanzitutto e soprattutto una poesia della
ragione intuitiva, dei sensi intuitivi, dell’intuitiva anima-delizia in noi,
prendendo da questa arricchita fonte di ispirazione un entusiasmo e un’estasi
poetiche più sovrane, e quindi, potrebbe anche essere, alzarsi verso un ancor
più grande potere di rivelazione più vicino alla diretta visione e parola della
Sovramente dalla quale tutte le ispirazioni creative giungono.
Una poesia di questo tipo non avrà bisogno
di essere del tutto qualcosa di elevato e remoto o di meravigliosamente e
delicatamente intangibile, o non questo soltanto, ma renderà anche le più alte
cime vicine, prossime e visibili, canterà grandemente e meravigliosamente di
tutto ciò che è stato cantato, tutto ciò che siamo dal corpo esteriore fino al
reale Dio e Sé, del finito e dell’infinito, del transeunte e dell’Eterno, ma
con una nuova visione riconciliante e unificante che li renderà estranei a noi
più di quanto siano stati anche quando ancora erano i medesimi. Se essa volerà
fino alle cime, non lascerà la terra inesplorata sotto di sé, ma pure non
confinerà se stessa alla terra, ma troverà anche nuove realtà e i loro poteri
sull’uomo e prendere tutti i piani d’esistenza per il suo impero. Essa prenderà
e trasformerà i segreti dei poeti più vecchi e troverà nuovi e non scoperti
segreti, trasfigurerà i vecchi ritmi con l’insistenza della voce del suo più
profondo e più sottile spirito e creerà nuove armonie caratteristiche, rivelerà
altri più grandi poteri e spiriti del linguaggio, procedendo dal passato al
presente già non sarà limitato da essi o dalle loro regole e forme e canoni, ma
sarà bussola della sua propria arte poetica alterata e perfezionata. Questo è
almeno il suo possibile sforzo ideale, e quindi il tentativo stesso sarebbe un
elisir ringiovanente e metterebbe lo spirito poetico una volta di più nel
fronte splendente dei poteri e delle guide dell’umanità sempre progredente. Lì
essa sarà guidata nel viaggio come il Vedico Agni, l’ardente datore del mondo,
yuvā kavih, priyo atithir amartyo mandrajihvo, ṛtacid ṛtāvā, il Giovane, il
Veggente, l’amato e immortale Ospite con la sua dolcissima lingua di estasi, il
cosciente di Verità, il cercatore di Verità, nato come fiamma dalla terra e già
il messaggero celeste degli Immortali.